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Cyberstalking – le molestie nel mondo virtuale sono lo stalking nel mondo reale!

 

Per Cyberstalking si intende l’uso del mezzo informatico/telematico, ed in particolare di internet, della posta elettronica, e di altri dispositivi di comunicazione elettronica, per molestare un’altra persona. Una definizione universale condivisa e codificata di questa molestia non vi è ancora, ma  la caratteristica peculiare  è  quella di una persecuzione ossessiva che sostanzialmente ricalca i comportamenti fastidiosi o minacciosi che vengono commessi dal molestatore nella “vita reale”, (come pedinare una persona o comparire nel luogo di residenza o di lavoro di questa, fare innumerevoli telefonate, magari riagganciando alla risposta, lasciare messaggi o oggetti inquietanti o compiere atti vandalici contro la proprietà della vittima), con la differenza che le descritte condotte vengono “traslate” nel mondo virtuale informatico/telematico.

Il concetto fondamentale da capire è quindi che la molestia, nella vita di relazione (coppia, lavoro, amicizie) è sempre esistita ed oggi, con l’estendersi dell’uso delle tecnologie informatiche, si diffonde anche alle relazioni telematiche. Come già più volte precisato, il reato di cui all’art. 612 bis c.p., infatti, è un reato che segue inevitabilmente le relazioni umane e l’evoluzione di queste non può che modificare anche il reato base.

Il mezzo informatico offre al cyberstalker diverse modalità di azione: l’invio senza il consenso della persona offesa di grandi quantità di email o anche solo il ripetuto invio di email non sollecitate dai contenuti offensivi o sgradevoli per il soggetto passivo, l’intrusione nel sistema informatico della vittima tramite programmi volti ad assumerne il controllo o a danneggiarlo, l’impersonificazione della persona offesa in Internet, spesso in contesti diffamatori, la pubblicazione sulla Rete di siti o comunque informazioni dai contenuti minacciosi o offensivi riguardanti la vittima. Si tratta di uno spettro di condotte molto ampio che copre quindi una vasta gamma di possibili reati, dall’illecito trattamento dei dati personali, all’accesso abusivo a sistema informatico/telematico, passando per ingiuria, diffamazione e quant’altro. Prendiamo come esempio i blog;   sono da considerare stalking tutti quegli atti che inducono la vittima a cambiare le sue abitudini di pubblicazione come, ad esempio, introdurre la moderazione nei commenti quando non c’era o semplicemente cambiare le proprie attività.    Uno dei maggiori ostacoli al contrasto del cyberstalking è dovuto quindi alla frammentazione  della stessa particolare tipologia di molestia che poi a sua volta sarebbe da ricondurre a da rintracciare nella condotta sanzionata dall’art. 612 bis c.p.    Pertanto si giunge ad un paradosso che, in primis, di fronte ad una condotta persecutoria unitaria costituita dalla violazione di un sistema informatico con conseguente divulgazione illecita di dati personali e magari accompagnata da diffamazione, si possono punire le singole condotte senza che sia riconosciuta però l’esistenza di un serio reato di molestia, dacché l’art. 660 del codice penale è palesemente inadeguato a consentire di affrontare la problematica. In secondo luogo, invece, difronte a una serie di condotte (anche differenziate), devi esserci una valutazione seria nel ricondurre tali condotte all’ipotesi di stalking, ove si ritrovino i requisiti della fattispecie illecita previsti dalla norma.

In Italia, a fronte di un aumento dei casi di cyberstalking, vi è stato, va detto, negli ultimi due anni uno sforzo da parte del legislatore e dell’opinione pubblica di affrontare la questione. Si va diffondendo infatti sempre più una nuova concezione della molestia, che individua in tale fattispecie non più un semplice fastidio, uno scherzo poco gradito ma una grave lesione della libertà e della sfera personale del soggetto passivo.
E va detto che le molestie commesse con il mezzo del computer o attraverso Internet spesso possono risultare anche più gravi e lesive per la vittima che quelle “tradizionali”: Internet è una sorta di “mondo parallelo virtuale” che un numero sempre maggiore di persone utilizza, unitamente al proprio p.c., come una sorta di “domicilio virtuale” dove inserire dati personali, foto, video, documenti, ma anche cartelle lavorative e professionali.

Non è difficile pertanto immaginare quali possano essere le conseguenze di una molestia perpetrata mediante la violazione del sistema informatico del soggetto passivo o attraverso la rete telematica: è come se il molestatore avesse le chiavi di casa della propria vittima. E non solo: le potenzialità lesive di una diffamazione, per esempio, sono amplificate a dismisura dalla rapidità e dall’universalità delle comunicazioni elettroniche.   In molti casi lo stalking via web è l’anticamera del vero e proprio stalking con approccio fisico e in ogni caso, vista la diffusione di internet, può diventare particolarmente tedioso nel momento in cui costringe le vittime a cambiare le loro abitudini, anche quelle di navigazione o frequentazione online. In pratica il cyber-stalking azzera la differenza che generalmente c’è tra la vita virtuale (quella in rete) e la vita reale.

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